Partiamo con il dire che abbiamo perso la memoria collettiva del luogo e che il progetto, da un punto di vista architettonico, era completamente sbagliato (primo fra tutti lo scempio di non garantire luce dall’alto e snaturarlo in un anacronistico sviluppo in due piani). Aggiungiamoci che nel corso degli anni il PD, di fronte al fallimento che si andava materializzando, si è voltato dall’altra parte per non sporcarsi la reputazione, ma quando la patata è diventata bollente, il soccorso ha funzionato, eccome! Così, nel 2022, la Giunta Lattuca ha sborsato quasi 1,5 milioni di euro alla società che gestisce il Foro per riacquisirne parte da destinare poi ad uffici comunali. Insomma, il progetto, che doveva riqualificare un’area mercatale con funzione anche ambulante, dopo 10 anni si trova di fronte ad un supermercato e a uffici dove fare carte di identità. Soddisfatti? Forse chi ora lo gestisce lo sarà perché avrà trovato la sua dimensione commerciale (che se ne faceva infatti del piano superiore?) e, dopo aver liquidato i soci della cordata, può sviluppare il suo business caratteristico senza troppi intoppi. Ma il fallimento resta! Siamo una delle poche città in Italia dove il recupero di questi luoghi (identitari non che fanno carte d’identità) non è avvenuto. Il motivo? Forse le sirene, le interessenze, gli obblighi, la sudditanza o più semplicemente l’incapacità. Di certo vedere una città dove il tessuto imprenditoriale trova una fertilità diversa per lo sviluppo, fa male perché indirizza una comunità che, invece di vivere nelle differenze, sopravvive nell’omologazione. E allora, avanti pure nello sviluppo immobiliare di Case Frini o dell’incremento delle superfici commerciali del Lungo Savio. Sono forse queste le cose belle che il Sindaco ricordava in campagna elettorale?